novembre 19, 2021

refresh

Luca Ricci sul Domani di oggi (scusate il bisticcio involontario) racconta la penosa condizione dello scrittore contemporaneo alle prese con il compito di autopromuoversi. Un'autopromozione che si sviluppa prevalentemente sui social e che è quasi più importante dell'aver scritto un buon romanzo. Questo lavoro di autopromozione ha corollari penosi, fra i quali, in primis, il fatto di essere del tutto a carico dell'autore. L'editore non "paga" le estenuanti presentazioni in libreria. L'editore non c'entra con il lavoro di promozione di se stesso che l'autore fa su Twitter o su Facebook. Altro corollario penoso: chi ha un buon seguito su Internet, perchè sa titillare la pancia dei suoi follower, riesce a  farsi conoscere meglio di chi ha scritto un romanzo migliore, ma non è bravo a farsi amare dalla gente.


Ma che fine hanno fatto i critici? Che fine hanno fatte le recensioni? Che fine hanno fatto i salotti letterari? Che fino hanno fatto gli editori che si fregiavano del fatto di aver un promettente autore nel loro catalogo? In poche parole: che fine ha fatto quel circuito di "tecnici" che un tempo faceva da filtro fra l'autore e il pubblico?

Sembrano scomparsi nel nulla. Volatilizzati. Sgominati dall'invadenza dei social. I quali da un lato assicurano una "popolarità" immediata, ma anche molto volatile, dall'altro esigono di essere continuamente implementati e con tecniche che appartengono alla cassetta degli attrezzi più del pubblicitario che dello scrittore (da cui il termine Refresh utilizzato da Luca Ricci). Morale: lo scrittore si trova più o meno nella stessa situazione dell'influencer, che per poter "capitalizzare" (sui brand che promuove) deve costantemente essere sulla breccia. Cioè avere migliaia (se non milioni) di follower e tesaurizzare  migliaia di "mi piace".

In realtà le cose  non stanno esattamente così. Come sempre la realtà è più complessa. 

I critici esistono ancora. Diciamo che si sono "imboscati" nelle Università, facendo i docenti. Però scrivono ancora moltissimo. E partecipano ai convegni. Rispetto ai "bei tempi", quando il critico (militante) promuoveva o giustiziava un autore dalle colonne di un giornale, oggi il critico per quanto alzi la voce  non arriva a farsi sentire dai lettori. Di conseguenza non interessa più agli editori. Qualche critico ha accettato la sfida di Internet. Ma si è trovato circondato da decine di ferratissimi estensori di blog letterari, spesso più abili di lui nel costruirsi un seguito. Scrivere un buon saggio di critica letteraria e imporsi su Internet implicano infatti abilità diverse. Da un lato Internet è più "democratico", perchè ci si accede motu proprio. Dall'altro Internet non offre garanzie di serietà, perchè non prevede la gavetta che in passato un critico doveva fare per aver diritto di fregiarsi di questo appellativo.



Altro aspetto della questione che spesso non compare sui radar: i critici coltivano autori che il pubblico generico non sa neanche che esistono. Sono autori considerati "validi" sotto il profilo letterario, a prescindere dal loro successo commerciale. Basta scorrere gli atti di un convegno o l'indice di un saggio.
 

Facciamo qualche nome: Antonio Scurati, Walter Siti, Babsi Jones, Bajani, Mari, Moresco, Pincio... etc. I primi due sono conosciuti anche dal grosso pubblico, perché scrivono spesso sui giornali. E vincono premi letterati. Ma gli altri li conosce sono il moderno cultore di letteratura. Una figura evanescente, non codificata, della cui esistenza è persino lecito dubitare.


Per contraltare, esiste tutto un mondo di autori commercialmente di successo che non hanno accesso ai piani alti, meglio sarebbe dire le stanze segrete in cui si consacrano i cavalieri della tavola rotonda. Sono questi gli autori a cui accenna Luca Ricci, i peones della "non letteratura", i tanti (troppi) che si sono fatti tentare dall'idea di scrivere un romanzo. E vivono una sola stagione o una sola giornata, arrancando come dei disperati da una presentazione all'altra, su e giù per l'Italia. Qualcuno di loro (pochissimi) accede ai livelli superiori: vende, viene tradotto, vince importanti premi letterari. Ma attenzione a non confondere i piani. Non c'è osmosi fra i diversi ambiti. Il circuito "popolare", comprenderà pure gli editori (va da sè, sono interessati a fare numero...),  ma non comprende i critici. Di conseguenza il beniamino di internet non sarà mai cinto del serto di alloro che cinge la fronte degli autori che hanno fatto e fanno la letteratura. 

Post Scriptum: le immagini che compaiono non c'entrano niente con il testo. Le abbiamo inserite solo perché ci piacevano. L'ultimo quadro appartiene alla collezione del premio Suzzara: una collezione sconosciuta al grosso pubblico, che "è morta lì", pur avendo avuto, quando è nata, nell'immediato dopoguerra, l'ambizione di essere "popolare". 







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