marzo 20, 2017

Una ANTENATA DIMENTICATA

Ho promesso a un amico di Facebook una "scheda" su una vecchia signora che negli anni '50 mi portava nelle gallerie milanesi a conoscere i pittori. Quando io avevo solo 5 anni!




Non ho messo a caso, qui, il volto della statua della Minerva di Pavia. La statua, opera del Messina, l'ha infatti commissionata e pagata Lei. Dopo di che è rimasta in bolletta!

Se vi capita di passare per Pavia, girate dietro la statua. Troverete una piccola lapide: la statua è un omaggio a Ottorino Rossi, rettore dell'Università di PV negli anni Trenta, neuro-istologo e allievo di Golgi. Anche la Lea Del Bo faceva parte della scuola neuro istologica di Pavia. E a un certo punto era diventata l'assistente di Ottorino Rossi. Dopo di che il Rossi l'aveva sposata in seconde nozze, brigando a Roma per fare un matrimonio regolare, malgrado fosse già sposato. L'uomo aveva conoscenze altolocate...

Quando il Rossi è morto precocemente, per colpa della peste dei radiologi (l'esposizione cioè ai raggi X), la Lea ha lasciato l'università, ha investito tutta l'eredità nella statua commemorativa, si è ridotta in miseria e ha accettato il primo posto libero: psichiatra nel manicomio di Mombello, reparto femminile.

Io l'ho conosciuta a Milano quando faceva la dottoressa dei matti. Era un'amica intima di mia zia, che insegnava lettere al Manzoni. Viveva con la signorina Dedi (una ex suora ed ex insegnante di francese), abitava in via Vasto (fronte l'Arena, vicino a Paolo Sarpi, il quartiere cinese), in un palazzo buio e decoroso della borghesia milanese. Il suo appartamento era pieno di tendaggi pesanti e di mobili scuri con facce di grifi, donne poppute, ornamenti floreali.

La Lea era una comunista. Per la precisione una troskista. E perciò era ostacolata a Mombello dai cattolici e a Milano dai compagni stalinisti del PCI.
Come avesse fatto una troskista a sposare un fascistone come il Rossi, mistero!
Bene. Questo donnone alto, che era stata un'efebica fanciulla (c'era nel suo studio un ritratto di lei da signorina), e portava i capelli bianchi acconciati come quelli della Kuliscioff, questo donnone amava l'arte, si era affezionata a me e mi portava in giro nelle gallerie milanesi, che negli anni '50 erano fervide di operosità artistica. Io bimbo ho conosciuto Dimitri Plescan (qui sotto, uno dei suoi pochi quadri) e forse ho visto nascere anche i Nucleari di Baj e Dangelo, ma non me lo ricordo.


Poi sono stato allievo privato di Leonardo Dudreville, allora settantenne. Ex futurista, poi esponente di Novecento, spesso in polemica con Margherita Sarfatti, si era ritirato durante la guerra sul lago Maggiore e c'era rimasto: a cacciare, pescare, costruire barche, dipingere paesaggi lacustri che vendeva agli industrialotti locali.
Erano tempi che un bambino poteva, senza formalità, essere allievo di uno dei protagonisti dell'arte del '900!

Per chiudere. La Lea era figlia di un medico socialista, di quelli che di notte andavano in giro col calesse, in Brianza e non chiedevano l'onorario ai contadini. 
Aveva studiato medicina quando erano in poche donne a farlo. Probabilmente aveva un pessimo carattere. Ma sicuramente è stata una vittima del pregiudizio: maschilista e politico.
Mi sono sempre augurato che avesse una liaison sentimentale con la signorina Dedi. Ma non è detto. Forse hanno solo messo insieme le due solitudini.


1 commento:

  1. Gianni Baronemarzo 20, 2017

    Un ritratto davvero eccezionale. Si respira la storia minore che si intreccia con la grande Storia. Personaggi e situazioni così non si trovano più. Sono cambiate cultura antropologia ed economia. Ti puoi ritenere privilegiato per poter conservare nella tua memoria questi frammenti di vita. Sono preziosi e rari e condividendoli fai un dono a noi di conoscenza e a loro di eternità.

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